Lucedio

La foresta tra le risaie - Lucedio e il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino

Terre d'acqua senza riso?
L'immagine del paesaggio vercellese è oggi, per tutti, associata all'acqua con cui sono inondate dopo la semina le risaie. È difficile immaginarsi il territorio vercellese senza quei paesaggi, e soprattutto senza riso.

Ma questo territorio in epoca medievale, a ridosso dell'anno Mille, era probabilmente molto diverso. Molte aree palustri, che cominciavano ad essere pian piano bonificate, molto lentamente prima dell'arrivo dei monaci di Lucedio; il corso del Po molto più capriccioso di quello attuale, irreggimentato dal moderno sistema di argini. E poi ovviamente foreste, vaste foreste planiziali: e qui a soccorrere l'immaginazione giunge il caso unico di un vero fossile vivente, il bosco della Partecipanza presso Trino.

Il deserto vercellese
Il monachesimo benedettino nasceva dalla volontà di portare nell’Europa latina le esperienze delle comunità eremitiche nei deserti dell’Oriente greco, prima culla del cristianesimo.

Da La Ferté in Francia arrivano i primi monaci cistercensi che intendono stanziarsi a Lucedio. La scelta non è casuale, e ancora una volta ci dice molto del paesaggio, in quanto da esso veicolata. I cistercensi, nella loro volontà di seguire il monachesimo originario, cercando l’esclusione dal mondo, il rifugio nel ‘deserto’: la loro è la ricerca di un deserto europeo. Lo trovano nelle foreste, che hanno ormai ripopolato, dopo i disboscamenti romani, il territorio del continente.

Chiunque visiti oggi un’abbazia cistercense sente una storia simile a questa. Ma la ricerca della pace, della meditazione nel deserto, del lavoro che gli viene raccontata cozza con la visione di ampi caseggiati, di chiese, di chiostri a volte sontuosi.

È il paradosso dei cistercensi: una volta scelto un territorio inospitale, la loro azione di richiamo e il loro impego proprio in quel labora benedettino sono le cause di una profonda modificazione del territorio. Bonifiche, disboscamenti, nuove colture, allevamenti. Intorno al monastero sorgono comunità di conversi, vengono fondate grange, fattorie di proprietà dell’abbazia, in certi casi altre comunità: i monaci si trasformano e gestiscono i propri terreni come grandi proprietari terrieri; gli abati, come Pietro da Lucedio, diventeranno fini politici, nelle cui mani e dalle cui trattative passano i destini di cavalieri, di crociati, di marchesi, di corone regali.

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