S. Maria di Cavour

Immaginarsi il Medioevo come un insieme di secoli in cui la vita non godeva della rete di scambi e di spostamenti è giusto e scontato. Ma i secoli medievali non sono in assoluto secoli sedentari. Vie, strade, passaggi, spostamenti facevano parte di quel mondo. E la rete che certe istituzioni come quelle abbaziali costruivano sul territorio sta lì a dimostrarcelo.

Alla fine del XI secolo la marchesa Adelaide di Susa donava molti territori ai monaci neri della Sacra. Tra essi terreni intorno a Pinerolo, con cui si muniva la nuova fondazione dell’Abbazia di Santa Maria, da cui il borgo dell’Abbadia (Abbadia Alpina di Pinerolo) prende il nome. L’abbazia è oggi distrutta, ma la sua presenza è una delle maglie di quella rete del territorio.

Un’altra, per fortuna non distrutta, è Santa Maria di Cavour, da scoprire nella sua cripta romanica nascosta sotto il rifacimento barocco. L’abbazia è una fondazione del vescovo Landolfo di Torino, ed era inserita in un ampio progetto del vescovo di presenza sul territorio. Qualche anno dopo la fondazione è la marchesa Adelaide a concedere all’abbazia una derivazione dell’acqua dal Pellice. E qui il lavoro di modifica da parte dei monaci del territorio è un’opera grandiosa quanto sconosciuta: un canale scavato nella roccia viva, il pertus del Diau, a qualche passo dalla Scuola Malva, che ancora oggi serve da presa con cui l’acqua del Pellice serve parte del sistema irriguo di Bibiana e Cavour.

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